In Italia*

Mancano dati precisi per stabilire esattamente quando e come si stabilì in Italia il primo gruppo martinista, salvo due date, riferite da Philippe Encausse (1), quella del 1898, anno in cui sarebbero esistite in Italia otto logge dell’Ordine, e quella del 1911 quando – scrive Encausse – vi fu “un considerevole sviluppo in Italia con l’ammissione dei martinisti che possedevano il secondo grado dell’Ordine, in tutte le logge e le camere superiori del Grande Oriente d’Italia. Dalle annate della rivista “Mysteria”, diretta da Papus (G.Encausse) (1912-1913) si apprende, poi, che numerose nuove logge erano sorte nella nostra penisola. Queste notizie sono confermate da un documento sulla cui autenticità non possono esistere dubbi, cioè la Patente per la costituzione di una loggia martinista, firmata da Papus e rilasciata nel 1910 a Dunstano Cancellieri, uno dei luminari della Massoneria italiana, allora 18 (Principe R+C) del Rito Scozzese Antico Accettato (2).

Sembra, poi, da notizie provenienti da varie fonti che la prima loggia sia sorta a Follonica, in provincia di Grosseto, piccolo centro che è stato spesso all’avanguardia nel settore occultistico. Altre notizie si ricavano da quanto riferisce Edoardo Frosini (3) che, praticamente, ebbe da Papus la rappresentanza dell’Ordine, almeno a quanto ne scriveva Adolfo Banti nel 1922 (4).
Il Frosini, a dir il vero non molto esatto, dopo il Congresso internazionale spiritualista di Parigi del 1908 (5) scrive che “l’Ordine Martinista ha recentemente costituito una Gran Loggia (sic) martinista d’Italia (…) che di comune accordo con la Federazione Massonica Universale e con la sua legittima rappresentanza italiana ha assunto un carattere speciale di integratrice delle varie scuole occultistiche in nome dei VERI del comune esoterismo e delle scienze ermetiche”.
In quegli anni, prima della “grande guerra” del 1914-18, risultano ricoprire il massimo grado martinista, cioè Superiore Incognito libero iniziatore i fratelli Fulgenzio Bruni, Giovanni Saba, Angelino Corrias, Michele de Vincenzo Maciulli il quale ultimo fu anche membro del Supremo Consiglio di Parigi, assieme a Frosini che fu chiamato a tale carica nel 1912. Alla fine della guerra, con la ripresa delle attività iniziatiche rimaste paralizzate a causa del richiamo alle armi di quasi tutti coloro che si potevano qualificare “capi”, dopo un periodo di incertezza a causa della successione di Papus, passato all’Oriente Eterno nel 1916, nel Gran Magistero (dalla Francia le notizie erano giunte quanto mai frammentarie; la nomina di Teder da parte di tre persone fra cui lui stesso e Blanchard che poi si era rimangiato il voto favorevole e doveva fondare l’Ordine Martinista Sinarchico, e la successiva proclamazione di Bricaud che si diceva si fosse autonominato dato che non esisteva alcun documento comprovante che Teder gli aveva dato la successione sembravano piuttosto dubbie) l’avvocato Alessandro Sacchi (Sinesio o Sinesius) assumeva la presidenza del Gran Consiglio Italico dell’Ordine Martinista (6).
La questione della Chiesa gnostica di Jean Bricaud e la pretesa che per esser ricevuto in Martinismo fosse indispensabile esser di sesso maschile e di possedere il grado di Maestro massone, provocarono notevoli perplessità circa la tradizionalità di questo nuovo Martinismo rafforzando le incertezze di cui si è scritto. Un viaggio di Sinesio a Parigi ed uno di Bricaud in Italia non migliorarono le rispettive posizioni dei due Ordini: Bricaud fisso sulle sue disposizioni che avevano modificato costituzioni, dottrina e forma di iniziazione dell’Ordine; Sacchi deciso a non accettare le nuove linee e a far rispettare la tradizione papusiana. Si giunse così al 1923 e alla proclamazione del Supremo Consiglio dell’Ordine Martinista che, sulla rivista “O Thanatos”, organo ufficiale dell’Ordine, era stata preceduta ( Nr. 6, giugno 1923 ) dal seguente comunicato: “Il Governo dell’Ordine Martinista comunica ancora una volta di non avere rapporto d’obbedienza, e finora nemmeno di alleanza col Gran Maestro Bricaud e, a scanso di equivoci presenti e futuri, dichiara di non aver mai aderito e di non poter aderire ad alcun trattato tra Martinismo e qualsivoglia Chiesa, la gnostica compresa”.
Già nel suo numero 2 del febbraio 1923, a pagina 42, la rivista, in un comunicato Martinista, purtroppo non molto esatto in fatto di date storiche e poco preciso anche su altri punti, dovuto al Filosofo Incognito dello Zenith di Ancona, aveva scritto – a suo dire su incarico del Gran Maestro Sinesio – che i martinisti italiani “pur dichiarandosi rispettosi e tolleranti di qualunque opinione religiosa, si erano distaccati dal Supremo Consiglio di Francia e dal suo Sovrano Patriarca e Gran Maestro, non volendo appartenere a nessuna chiesa, rispettandole tutte, e avevano costituito il Gran Consiglio italico allo Zenith di Roma”.
Delle scissioni del Gran Consiglio italico fu data notizia sulla rivista dell’Ordine, notizia poi ripresa, a scopo polemico da Arturo Reghini, sulla rivista “Atanor” del gennaio 1924 e successivi numeri.
È di questi tempi, esattamente dall’agosto 1922 l’incontro di Adolfo Banti, membro del Supremo Consiglio dei 33 di Palazzo Giustiniani, con Marco Egidio Allegri, componente del Gran Consiglio Martinista e suo Delegato generale per le Venezie; (7) e l’iniziazione del primo al martinismo. L’Allegri che, nella storia del Martinismo italiano detiene una parte di primissimo piano, era stato iniziato nel 1918 dall’avvocato Sacchi quando già ricopriva un altissimo grado nel Rito scozzese. Dopo il suo rientro dall’impresa di Fiume, alla quale aveva partecipato assieme ad Ottavio Ulderico Zasio, allora sedicenne, che lo aveva seguito come suo “attendente”, era ritornato a Venezia, sua città natale, fondandovi i gruppi “Il Veneziano”, “Poseidonia”, “Saint-Martin” e, a Montagnana in provincia di Padova il “Hoané Wronscki” (8).
Risale al 1925, invece, la rottura fra Arturo Reghini e l’Ordine Martinista. Lo spirito polemico di questo Maestro ebbe ragione del suo animo di esoterista ed egli non risparmiò, prima su Atanòr e poi su Ignis (la rivista da lui diretta) gli errori di carattere organizzativo commessi allora, al vertice dell’Ordine, anche a causa della tendenza dell’avv. Sacchi e di altri, compreso il Banti, di considerare il Martinismo una specie di rito massonico sulla falsariga di quanto era stato emanato da Parigi dopo la morte di Papus. Di questa rottura si ha una eco in una lettera di Sinesio (Sacchi) a Flamelicus (Allegri) del giugno 1923, in risposta ad una di quest’ultimo che prendeva le difese del Reghini prospettando le sue qualità di studioso e di esoterista nonché le sue alte qualitificazioni massoniche: “Come Gran Maestro dell’Ordine – scriveva Sinesio – per lo spirito delle solenni promissioni prestate ai nostri Elettori e alla nostra Istituzione, non possiamo lasciarci influenzare da informazioni o da interpretazioni di altri Riti iniziatici e proseguiamo a procedere – come abbiamo cominciato – per la nostra martinistica strada (che è quella indicataci dal nostro preciso dovere di salvaguardare e rafforzare la nostra catena iniziatica) nei riguardi del nostro fratello Massimo (9). Se l’isolamento nel quale dovrebbe essere tenuto dai fratelli della nostra Obbedienza durante l’espiazione della sua condanna, potrà indurlo a qualche proiezione che trasformi il suo elemento quaternario, per riduzione teosofica, al quinario, egli provocherebbe la sua stessa caduta finale: la qual cosa non auguriamo né a lui né a noi. Egli è tuttavia refrattario a qualsivoglia spirito di disciplina e soffre di scompenso tra le alte doti di intelletto e quelle non corrispondenti del cuore o dell’animo che dir vogliasi. Non crediamo pertanto che il suo vigile orgoglio consenta a chicchessia la potestà di sfruttarlo contro 666: egli è fuori di tono e risponde malissimo al nostro diapason colle sue vibrazioni anarcoidi. Se ne accorgeranno anche quei pochissimi che ancora lo venerano come un dio irresponsabile” (10).
Le cause che provocano l’uscita del Reghini dal Martinismo e la sua feroce polemica contro l’Ordine ed i suoi uomini, da Papus a Bricaud e da questi al Soro; dal Sacchi al Banti e al Minaci non sono note. Ma è da ritenersi che ciò sia da attribuire ad un attrito tra lui e il Sacchi su questioni organizzative (e, forse anche per l’indirizzo cristiano del martinismo papusiano che il Reghini avrebbe voluto fosse strettamente pitagorico e pagano) e col Banti in funzione della lotta sempre in atto fra Palazzo Giustiniani e Piazza del Gesù (le due principali organizzazioni massoniche italiane del tempo) alla quale ultima il Reghini apparteneva.
L’Ordine continuò a lavorare apertamente fino al 1926 nonostante che, fin dalla metà del 1923 fossero state adottate misure di prudenza e la corrispondenza fra i gruppi e il centro fosse stata ridotta (11). Poi dovette lavorare clandestinamente avendo accolto, davanti al suo trilume, numerosi fratelli di altre associazioni iniziatiche (Ordine del Tempio e Rito di Memphis) e anche della Massoneria scozzese (12). Questa attività è stata riassunta da Artephius (Zasio) in un sintetico promemoria esistente, di suo pugno, nell’Archivio dell’Ordine (13) e che qui si riporta per la parte riguardante il periodo clandestino:

1925 Il Martinismo, l’Ordine del Tempio e l’Ordine di Memphis continuano i loro lavori nonostante si inaspriscano le violenze contro le società cosiddette segrete.
1926 Polemiche giornalistiche in difesa del principio iniziatico, massimamente sostenute dal Filosofo Incognito contro il conte Piero Bon.
1927 Flamelicus (Allegri) va in Egitto dove prende contatto col Rito scozzese, logge “Garibaldi” e “Matteotti”, col Rito egiziano nella formazione sufica “El Siufi”, logge di lingua araba del Cairo. Artephius gli succede nella direzione dei lavori.
1928 Di ritorno dall’Egitto Flamelicus è arrestato per propaganda iniziatica e “sovversivismo”. Dopo circa un anno tra prigione e confino è liberato ma, fatto segno a nuove persecuzioni, è costretto a rifugiarsi nel convento patriarcale di San Domenico dove rimane otto mesi. Artephius prende contatti con Alembroth (Banti) e svolge lavori con i superstiti martinisti e templari.
1929 Flamelicus si rifugia a Napoli e poi a Capo Miseno dove prosegue la sua opera iniziatica. Artephius va in Svizzera, Indra (N. Quarti) in America, Tekeo in Giappone, Nareus in India.
1930-32 Artephius prosegue i lavori a Venezia in casa sua. Ritorna Flamelicus che li dirige; e si dedica soprattutto verso la raccolta di documenti dell’Ordine e loro messa in salvo.
1933 Nuovi apporti da parte del gruppo del fratello Phores (G. Bolpin) permettono di intensificare gli studi ermetici e di diffonderli in strette cerchie. Alla fine dell’anno Flamelicus si trasferisce in provincia di Belluno dove allarga la catena iniziatica. Artephius immette, a Venezia, nuovi elementi.
1934 Prosegue a Venezia il lavoro in riunioni saltuarie.
1935 Flamelicus ritorna in Africa: in un primo tempo segue le operazioni in Africa Orientale, successivamente, con una missione astronomica, esplora la zona dei grandi laghi fino al Margherite.
1936 Artephius è in Francia dove sperimenta la forza del pensiero iniziatico confortando i fratelli esuli.
1937 Ritorna Flamelicus a Venezia. Con Phores, per circa un anno si intrattiene nello studio del taoismo. Artephius, sotto forma di conferenza, scrive una storia esoterica di Venezia che sarà poi diffusa in Polonia.
1938 Continuano in casa di Artephius i lavori Martinisti con la partecipazione di Flamelicus. Sul Daily Mail, fa pubblicare un manifesto templare.
1939 Flamelicus e Phores tentano di infiltrare nel mondo dello spettacolo idee iniziatiche con il film “Cardano” e “La famiglia qualunque”. Flamelicus è richiamato alle armi.
1940-42 Ad opera di Artephius il trilume resta acceso in casa sua.
1942 Ritorno di Flamelicus. Si tengono varie riunioni in casa Rueck con nuove iniziazioni.
1943 Riunione regolare all’albergo Saturnia di Venezia in cui prevede che, purtroppo, lo Zenith sarebbe rimasto ancora clandestino per chissà quanto tempo.
1945 Ripresa dei lavori il primo maggio e riorganizzazione degli Ordini e dei Riti.

1 – Encausse Ph. Opere citate , pagine 81 e 82 (Notizie riprese dall’autore nell’archivio paterno).
2 – La Patente è conservata nel Tesoro dell’Ordine, unitamente alla copia in francese dei quaderni iniziatici del 1891, alla disposizione del Supremo Consiglio di Parigi (Rue de Treviso) e per i presidenti di loggia, e al registro dei verbali del gruppo “Il Veneziano”.
3 – Frosini E.: Massoneria italiana e tradizione iniziatica , a cura dei Triedelli-F. Croce Pescara, 1911 (pag. 227/230).
4 – Archivio O.M. – Lettera Banti del 24/VIII/1922 a M.E. Allegri in cui scriveva: “fin dal 1909 mi ero rivolto al Potentissimo Fratello Gerard Encausse (Papus) per esservi accolto, ed egli gentilmente mi rispose che potevo rivolgermi a Edoardo Frosini, a Firenze”.
5 – Lettera del settembre 1947 del Gran Maestro Jean Chaboseau dell’Ordine Martinista Tradizionale (cfr. Encausse, opere citate, pagine 74/75).
6 – Nell’Archivio del N V O esiste un brevetto – uguale a quelli ancora in uso in Italia da parte nostra – rilasciato il 27 settembre 1920 al fr. Francesco Asaro dal S.I. Alessandro Sacchi E,T,S XLI M.G.C. d’Italia, registrato a Roma alla Matricola generale col numero 55018.
7 – Nel 1908 si tenne a Parigi un congresso spiritualista, durante il quale fu fondata la Federazione massonica universale che raccoglieva riti e organizzazioni “non riconosciute” dai Grandi Orienti di Francia, d’Italia e da alcune Grandi Logge. (Frosini E.: Appendici all’opera citata)
8 – Interessante al riguardo, per il suo contenuto, la lettera del 21 agosto 1922 indirizzata ad Allegri dal S.I. Mokelé, filosofo inc. della “Wronscki” su carta intestata all’ordine e al gruppo il Mokelé scriveva: “Abbiamo ricevuto la tua carissima tavola virgiliana: pugneremo sempre con “virtute et amore” per l’Alma Mater. A Padova, dunque, è avvenuta una defezione: ti prego dirmi se si può mettere in contatto col pot.mo fratello Sommer il carissimo fr. Realdon; se nulla vi è in contrario, ti prego di darmi l’indirizzo se dei tuoi piani: è veramente cosa dolorosa vedere queste defezioni stimolate da sciarpe o da monete ma io credo faranno poco male. Ieri abbiamo scritto al pot.mo Reghini e per mezzo suo abbiamo inviato i saluti al fr. Soro. Oggi stesso informerò il Gran Maestro dei nostri lavori. Col più fraterno affetto e devozione – Mokelé, Sup. Inc.
La lettera porta una richiesta ed una postilla. Il richiamo dice: “Ho pensato esser meglio attendere ancora prima di scrivere a Roma. A chi debbo spedire la lettera perché venga recapitata al Gran Maestro? MKL’”. La postilla, riferentesi a Gabriele d’Annunzio dice: “Hai sentito della disgrazia toccata al pot.mo fratello S.I. Ariel? Ora però sta meglio. Speriamo bene: speriamo che venga conservato a noi e alla Patria – MKL’ ( Archivio Ordine Martinista, Fondo Esordio 1898-1925 ).
9 – Nome iniziatico (Maximus Sup. Inc.) del Reghini.
10 – Archivio Ordine Martinista, Fondo citato .
11 – Ibidem, circolare ris. Di Sinesio ai membri del Gran Consiglio martinista .
12 – Cfr. G. Parise: Prefazione e: A. Reghini: Considerazioni sul rituale dell’Appr. L.M. (Napoli 1948) e U.G. Porciatti: Il Martinismo e la sua essenza , Quaderni dell’Ardenza, 1946.
13 – Archivio O.M., Fondo citato.

* I contenuti del presente capitolo sono stati estrapolati dal libro “Tutti gli uomini del Martinismo” Edizioni Atanor - Roma